Posts written by Nexus7

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    Preservando l'integrità del backpack contenente il resto delle attrezzature utili a completare la missione, avevo maggiori possibilità di manovra, ecco perchè avevo invitato il Capitano a sfilarmelo di spalla.

    Quando lei fu oltre, mi defilai dalla tenaglia della porta che appena sgusciato via, si richiuse al mio fianco. Una volta all'interno del corridoio recuperai le attrezzature sgravandola da ulteriori pesi e ricollocai tutto in spalla.

    Imbracciando il fucile mi portai accanto al Capitano esaminando l'area circostante con fare meticoloso, mosso dalle sensazioni vacue di Elrik che elaborava dati fin troppo umanizzati. Siamo in un corridoio di transito verso la sala di Riavvio dei sistemi d'interfaccia. Quella scala conduce nei pressi della stanza. Elrik necessita di informazioni, il suo sistema è colmo di lacune. Trovo difficoltà a determinare il suo status perfino io. Al di là di quel passaggio dovremo trovare la stanza contenente le tute, non distante da quella di Rehab. Ce la fa a proseguire ? La mia fu una domanda retorica, circostanziale, una sorta di "interesse costruito". Sapevo che avrebbe potuto farcela a raggiungere la stanza, le stime promettevano una adeguata percentuale di successo.

    Confidando nella veridicità delle parole di Elrik e sul fatto che le tute esistessero davvero, il Capitano avrebbe avuto una buona possibilità di raggiungerle ed indossarne una, ecco perchè tornai ad avanzare, senza temporeggiare troppo lungo il condotto. Una volta raggiunta la scala cercai di risalirla per afferrare la chiusura idraulica ed aprire il portello. Avevo tracciato il punto da raggiungere che lampeggiava in background all'interno del mio campo visivo. Nell'angolino deputato alla mappa in translucenza.


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    Lo stato di abbandono della porta non rese comunque più semplice la sua apertura. Dopo avere trovato spazio all'insinuarsi delle dita, inguainate dal tessuto tattico dei guanti, la trazione ebbe inizio gradualmente fino ad accentuare lo sforzo a cui venivano sottoposti gli arti. In questi casi la mia "essenza meccanica" era palese ed intuibile più che in altre circostanze, dato che quello che sarebbe apparso come uno sforzo eccessivo meritevole di un eccesso respiratorio, un accentuarsi della contrazione facciale e , talvolta, l'espressione vocale di un qualche ringhio, nel mio caso si riduceva ad un mero e statico movimento degli arti, alla stregua di un piede di porco infilato in una fessura.

    Non c'era traccia di sforzo percepibile nella mia espressione dato che non appariva molto diversa dal solito e non emettevo fiato, dal momento che non respiravo né simulavo di farlo. Ero poco più che una macchina idraulica in procinto di forzare un'apertura, riuscendoci, non perfettamente, ma riuscendoci.

    Quando la paratia destra prese a scorrere, concentrai la pressione accentuando il varco affinché offrisse un passaggio agevole a me ed al Capitano. Intanto che i miei sforzi silenziosi si esibivano, riuscii ad isolare la traccia di apparente preoccupazione provata da Elrik. Mi ritrovai a guardare all'interno del corridoio desolato una volta aperto il passaggio e quel senso di vuoto e desolazione, forse anche a causa dell'intromissione ravvicinata di Elrik, per un breve attimo mi mostrò qualcosa a cui non avevo mai prestato interesse prima. Si trattava di un'associazione di idee, immagini e delle pseudo sensazioni provate da Elrik che rimestati assieme mi insinuarono tra i circuiti un vago senso di allerta.

    Bisognava proseguire ed intenzionato ad andare avanti feci per allentare la presa contro le paratie dell'accesso quando il clangore prima e la pressione poi, mi costrinsero a restare immobile, tornando ad esercitare forza per trattenere la porta in procinto di richiudersi. Il verso che emisi in quel preciso istante... uhmg
    ...somigliò ad un mugugno dato dallo sforzo, ma si trattava del principio di una parola inghiottita a causa dell'effetto sorpresa/sforzo in cui si erano trovati i miei circuiti.

    Cercai di restare in posizione solida, puntellando l'apertura ostile col braccio destro che contrapponevo alla spinta. L'ingranaggio di blocco è andato... La porta si richiuderà. Dovrebbe oltrepassarla alla svelta, la tengo aperta. Rassicurai il Capitano, procurandole un varco semplicemente torcendo di qualche grado il busto che in questo caso non giocava un ruolo fondamentale. Il braccio sinistro agganciato alla porta fissa fungeva da staffa di ancoraggio mentre il destro agiva da contrafforte ed esercitava pressione per spingere la porta a riaprirsi. Tirai in dietro una gamba, mi profilai leggermente, lo zaino con le attrezzature sporgeva compatto alle mie spalle, agganciato alla tuta tattica che portavo addosso. Il fucile penzolava appeso alla tracolla, di sbieco sul ventre.

    Se c'era qualcuno che poteva rendersi conto dello “sforzo” al quale ero sottoposto, era Elrik, partecipe del picco di processamento dei sistemi. Una volta dall'altra parte, andrò avanti per precauzione. Ma...

    L'esitazione. Quel brevissimo istante di interruzione tra le mie parole, doveva dare un cenno anche a Lei della grana incombente. ...prima dovrebbe sganciare il mio pack. Mi serviva aiuto a preservare le attrezzature e chiedere al Capitano di togliermelo di dosso prima di tentare di sgattaiolare via dalla tenaglia della porta mi sembrò una precauzione utile.


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    Non ero stato programmato per indagare, oltre i livelli di utilità ordinaria, lo stato emotivo di un essere umano, le sue reazioni a conseguenze liete o funeste. Non era un mio compito analizzare i tratti più caratteristici di ogni singolo individuo, il proprio modo di porsi in contesti che non richiedessero specificatamente un'esame obbiettivo di soggetti potenzialmente ostili.
    Non era nei miei compiti cogliere ogni singola sfumatura dell'espressività della Dottoressa Shepard, mentre si occupava di analizzare le mie, per diagnosticare eventuali anomalie. Non avrei dovuto interessarmi di certi "meccanismi", così mi era stato detto, eppure provavo questa strana propensione allo studio di caratteristiche fuori dal mio range di mansioni. Questa sarebbe potuta risultare un'anomalia ed il mio stesso sistema avrebbe pensato bene di segnalarla ma ogni mia singola particella assemblata non contestava questo genere di propensione, al contrario, sembrava parte integrante dei miei obbiettivi basilari.

    Anche gli esseri umani parevano colmi di anomalie contraddittorie: spesso ponevano domande pentendosi di riceverne risposta. Mi accorsi dello stato di disinteresse del Medico al mio rapporto, cogliendo dei piccoli segnali che denotavano scarsa attenzione, ciò non mi indusse a modificare il mio resoconto che continuò ad essere meticoloso e lineare. Mi indusse, invece, a tornare a provare quella sorta di curiosità nei riguardi degli aspetti più singolari delle reazioni umane.

    Non comprendevo l'empatia ma qualcuno mi aveva spiegato in cosa consistesse e perchè o come venisse provata. Quel breve commento al seguito del mio racconto mi diede una dimostrazione pratica ed applicata delle vecchie istruzioni ricevute. Alla domanda risposi rettificando le informazioni date per scontate dal Medico. I fondi investiti nel recupero della mia unità provengono da un sovvenzionamento privato che non grava sul patrimonio comune. Riportai informazioni facilmente verificabili, che mi avrebbero probabilmente reso ancora più improbabile agli occhi della Shepard, dato che dovevo essere, forse uno dei pochi, se non l'unico, androide di Bay City con un'eredità. Pare che i miei circuiti stessero a cuore a qualcuno. Aggiunsi concludendo il concetto in una maniera più esaustiva, meno tecnica, omettendo altri dettagli che reputavo particolarmente sensibili ed accuratamente riservati.
    Proseguii il colloquio senza mai modificare la mia postura che appariva tutto sommato comoda e rilassata. Nello specifico, sono programmato per fornire un valido ed efficiente supporto tecnico all'IPCM. Per "supporto tecnico" si intende: dall'avvitare una vite, all'installare un intero sistema di comunicazione coloniale. Sono stato addestrato all'impiego di armi, al combattimento corpo a corpo, sono autorizzato ad interfacciarmi coi sistemi di supporto aereo a bordo dei velivoli dell'esercito solo in caso di emergenza, per gestire i parametri di navigazione, analizzare i sistemi di volo e all'occorrenza subentrare al pilota automatico. Sono un soldato.


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    Non era chiaro cosa sarebbe andato meglio ma di certo la strana sensazione di “semplicità” che mi attorniò rese l'efficacia della mia operatività maggiore. Quando la voce di ELRIK cominciò a diffondersi direttamente nel mio cervello compresi di avere completato il trasferimento e visualizzai la mappa fornita focalizzandomi su struttura planimetrica, punti di interesse e nozioni apprese direttamente dall'IA.

    Solo dopo avere elaborato le informazioni di ELRIK provvidi ad aggiornare il Capitano, praticamente quasi in tempo reale. Abbiamo la mappa. Ed una parte di ELRIK nel mio sistema di memoria. Quella scala conduce al centro operativo di comunicazione ma prima di attraversare il breve corridoio che porta alla sala avremo bisogno di ripristinare uno dei trasmettitori remoti. Le sue condizioni, Capitano, richiedono l'impiego di un supporto logistico che le consenta di proseguire la missione. Ci sono delle tute, secondo quanto riportato da ELRIK, nei pressi della sala di riattivazione che è da quella parte, oltre la porta. Una volta recuperate le tute e ripristinata la sua operatività avremo bisogno di riattivare il generatore che si trova ad una distanza maggiore. La priorità attuale è metterla in condizioni di poter condurre la missione, Capitano. Procedo in direzione del comparto tute.
    Salvo contrordini, recuperata la mia arma, presi a muovermi in direzione della porta a chiusura cifrata alla quale il tempo non rendeva giustizia e tentai un primo approccio meramente fisico, provando semplicemente con la forza di farla scivolare lungo i binari incrostati dalla ruggine e dalla polvere, per aprirci un varco.


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    La difficoltà di elaborazione di E.L.R.I.K.; i rallentamenti del suo sistema; il modo in cui, al contrario, poteva disporre dei miei componenti con facilità, mi diedero da reagire in un ben determinato modo. La possibilità che il sistema della base fosse stato compromesso da fattori esterni era palese, mentre quella che il sistema potesse essere stato manomesso da fenomeni indotti, come un virus, non erano da escludersi.

    L'accesso non richiesto al mio apparato oculare indusse i miei sistemi ad inspessire una sorta di firewall nei riguardi della connessione con l'interfaccia. La facilità con la quale aveva accesso ai miei sistema poteva essere la stessa con la quale, qualsiasi anomalia l'avesse infettata, avrebbe potuto diffondersi nel mio stesso sistema. Tentai di proteggere la fetta di informazioni sensibili appartenenti alla IPCM ripartendoli in un anfratto della mia memoria d'immagazzinamento. Operazione che di default eseguivo come routine d'emergenza a cadenza regolare settimanale. Precauzioni e ordini.

    La scarica che dal braccio era risalita fino al mio cervello sollecitò una sorta di risposta psico motoria. Reclinai la testa come quando un essere umano necessitava distendere le vertebre cervicali. Fu una sensazione non piacevole.

    Lasciai, tuttavia, che E.L.R.I.K. potesse sfruttare i miei occhi per poter verificare lo stato del contesto circostante. Volsi lo sguardo dalla parte opposta a dove si trovava il Capitano, inquadrai parte della stanza, la scaletta, il generatore ed in fine volsi me stesso al resto dell'ambiente focalizzando il mio superiore quando si rivolse direttamente al Sistema della base. Il tempo a nostra disposizione esauriva poco a poco e non ne avevamo altro da sprecare. Le probabilità di avere bisogno dei sistemi di accesso e di un terminale attivo più avanti erano alte, quelle di non trovarne lo erano di più. Elaborai la soluzione migliore alle nostre necessità basandomi su semplici calcoli statistici. E.L.R.I.K. poteva scaricare ogni dato richiesto dal mio Capitano ma per lui stavo approntando un'altra piccola eccezione. Ripartii un settore del mio sistema per poter accogliere una copia in modalità provvisoria del suo. Gli stavo accomodando il mio hardware. Posso portarlo con noi per risparmiare tempo.
    Spiegai laconico al Capitano, affinchè comprendesse le mie intenzioni senza ombra di dubbio. La logica di questa iniziativa cozzava con l'analisi iniziale e le precauzioni riservate a possibilità di infezione ma era la più adatta ad ottimizzare le nostre possibilità di riuscita.


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    Il “dolore” era una sensazione peculiare, umana, tra quelle che reputavo più interessanti da osservare. Forse proprio a causa del fatto che ero stato progettato e programmato per evitare che gli umani ne provassero, l'analisi del "fenomeno"stesso per me risultava fondamentale. Nel corso della mia breve esistenza avevo imparato a cogliere svariate sfumature di dolore fisico, trovavo interessante il modo in cui gli stimoli sensoriali si propagassero in un corpo suscitando reazioni in più punti dell'organismo vivente, a seconda dell'entità del danno che lo avesse prodotto.

    Là dove le priorità giocavano un ruolo fondamentale nel mio impiego su campo, imparai a osservare il dolore altrui, catalogando una vasta fetta di variabili, tutte scaturite da danni fisici. L'esperienza mi aveva insegnato che oltre al mero materialismo del dolore, ne esisteva una forma apparentemente invisibile legata alla sfera emotiva di ogni essere umano. Questa specifica forma di dolore, talvolta, si manifestava seguendo le dinamiche espressive di un dolore fisico concreto, tangibile, ma mi sfuggiva ancora la comprensione della fonte di derivazione dello stesso.

    La reazione che scompose la mia postura bene eretta dinanzi al terminale; che mi contrasse i lineamenti del viso in una smorfia e fece serrare le palpebre sugli occhi e le dita contro i margini del terminale, poteva essere ricondotta ad una qualche sorta di espressività del dolore, rispecchiando quasi perfettamente gli standard reattivi esaminati, analizzati, catalogati ed archiviati in memoria. Emulai, assorbendo la mitragliata di dati confluiti improvvisamente dall'interfaccia che stava violando in contemporanea i miei sistemi.

    La sincronizzazione fu rapida e consistente. Quando la voce dell'interfaccia si diffuse nell'ambiente mi ritrovai ancora provato a riaprire gli occhi per fissare il monitor, recuperando il mio assetto statico, come se perfino l'assenza di gravità non giovasse alla mia necessità di rimanerci appoggiato. Lentamente mollai la presa d'appoggio, ricomponendomi. Le presentazioni erano fatte e sebbene l'interfaccia risultasse più “simpatica” di me, data l'urgenza della situazione non mi persi in chiacchiere. E.L.R.I.K. Avvia il ripristino di tutti i sistemi di vivibilità. Tentai di introdurre il comando più semplice, al fine di ripristinare i sistemi di termoregolazione, di stabilizzazione gravitazionale e respirazione che avrebero permesso al Capitano di proseguire la missione senza compromissioni.




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    L'invito a sedere fu assecondato con la solita automatica flemma. Tornando composto seguii con lo sguardo lo spostamento del Medico fino alla scrivania, contraccambiando l'occhiata che mi rimandò degli evidenti, seppure impercettibili, segnali di una qualche forma di disagio umano. Le sue pupille si contrassero per un breve secondo, la micro circolazione capillare del suo viso ne accentuò il colorito incrementandolo di un lieve sei per cento. La giugulare fu attraversata da un fiotto ematico più consistente, tale da ingrossarla rendendola per pochi attimi intuibile lungo il profilo della gola, traccia di un lieve eccesso ventricolare. Il Medico provava disagio in mia presenza, un disagio a cui non avrei saputo attribuire altra specifica o definizione, non senza ulteriori dati.

    Cercai di attenuare la mia formale forma di approccio provando ad assumere un atteggiamento meno composto, più informale, magari meno disagevole, sebbene non conoscessi le ragioni che avevano determinato quello status. Dal mero ripudio della specie al banale rifiuto di una qualche fattezza fisica, il Medico avrebbe potuto provare del disagio per troppe variabili, perfino non dipese dalla mia presenza. Ne adattai una, quella più immediata, o almeno ci provai e come prima cosa mi stampai in faccia un sorrisetto amichevole, plastico e affabile. Certo Dottoressa Shepard: Nexus nove, numero di serie tre sei otto, nove nove zero. Anno di rilascio duemilacinquecentoquarantasei.

    Conclusi fissandola. Mio malgrado stavo continuando ad esaminare i suoi gesti, le sue caratteristiche, gli atteggiamenti. E' corretto. Confermai la sua richiesta in merito al mio ruolo. E alla domanda sull'ultima missione, senza alcuna esitazione, se non un impercettibile battito di ciglia, cominciai a resocontare. Ventisei Settembre, Duemilacinquecentocinquanta; Operazione “FallingAngel”. Alle ore dodici e ventitre e trentotto secondi, la nave cargo MAY-11 con a bordo... Bla bla bla... il resoconto fu minuziosamente fornito, dal numero e nome dei componenti della squadra all'entità della missione, inclusa la rotta impiegata e le tempistiche di ogni singolo step che implicava il recupero di una sonda di ricognizione della IPMC con a bordo informazioni di un certo rilievo, schiantatasi su CASSIUS Alpha, un asteroide di passaggio lungo l'orbita ellittica di Plutone.

    Durante la menzione dei fatti, il resoconto omise dettagli non divulgabili ed incluse la specifica dell'incidente che vide necessaria la “visita” medica in questione. ...colpito in pieno da un detrito che ha danneggiato parte del mio arto inferiore destro e compromesso le mie funzioni motorie. C'è stato un attimo di disconnessione, non saprei dire con esattezza di che durata, in seguito al colpo che ha danneggiato anche l'involucro interno del cranio. Conclusi il resoconto zittendomi ed alla domanda successiva risposi con disinvoltura, interpretando il tutto come una richiesta di check generale. Il mio sistema è operativo ed efficiente al cento per cento, Dottore.


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    Dopo aver fatto incetta dei materiali ritrovati proseguimmo lungo il tratto di tunnel perlustrato in anteprima dal drone. Tenni il fucile costantemente puntato in basso mentre avanzavo alle spalle del Capitano, tenendo sotto controllo l'ambiente circostante con la meticolosa attenzione di uno scanner.
    Di tanto in tanto occhieggiavo la sagoma dell'umana per verificare l'esatto contenimento dato dall'effetto del'agente anti radiazioni, cercando di cogliere ogni singolo dettaglio che avesse denotato stati di sofferenza fisica.

    Una volta raggiunta la stanza dei terminali mi assicurai che la situazione fosse tranquilla. Effettuai un giro di ricognizione metodico lungo tutto il perimetro interno della stanza per verificare lo stato di eventuali entrate, uscite, porte, pannelli elettrici, canali di derivazione e quanto altro fosse utile alle circostanze.

    Spostai il drone lungo il tratto di corridoio che avevamo appena percorso per poi impostarlo in modalità statica affinché restasse fermo in un determinato punto a registrare eventuali movimenti, fungendo da controllo del tratto di tunnel esterno.

    Androide. Non era una denominazione inesatta, ma la parola pronunciata dal Capitano suonò curiosa al mio udito fortemente tarato all'abitudinario appellativo che i miei diretti ufficiali e la squadra cui ero solito militare, mi attribuivano. Espressi una correzione spontanea che valeva anche come suggerimento, considerando i protocolli di approccio sociale di cui disponevo. Tre, sei, otto. Nove, nove, zero. O per meglio abbreviare, Soldato Blaze, Capitano. La sua denominazione è comunque corretta. Precisai mentre mi accingevo ad agire secondo quanto richiesto.

    Inserii la sicura all'arma che riposi accanto al terminale che mi accingevo ad esaminare. Mi avvicinai abbastanza da poter effettuare un controllo generale, notando la conformazione della struttura esterna dell'interfaccia, eventuali pannelli. Tentai a vuoto una connessione neurale tra i miei sistemi e quelli della rete del terminale chiaramente assente. Di conseguenza mi adoperai per rimuovere il pannello frontale che dava accesso all'hardware del terminale utilizzando un tradizionale cacciavite in dotazione nel mio kit personale. Una volta rimosso il pannello esaminai lo status fisico di ogni circuito. Forse avrei avuto buone probabilità di tentare un approccio analogico. Avrò bisogno di qualche minuto. Informai la mia compagna di squadra e senza sprecarne oltre protesi l'arto sinistro, palmo in fuori. La tuta che indossavo mi permise di sezionare lo scomparto relativo al piccolo vano dei plug che giaceva occultato sotto pelle. Con l'ausilio di una piccola lama incisi lo strato di pelle sintetica in un punto esatto. La peculiarità del mio sistema pseudo-organico simulò un principio di sanguinamento relativo. Piccole gocce di liquido rosso si condensarono compattandosi nel vuoto della gravità, discostandosi dal rettangolo di pelle rimosso quando ci ficcai dentro le dita per estrarre uno dei connettori primari.

    Ero dotato di adattatori di collegamento analogico un po' datati ma probabilmente adatti al sistema del terminale in questione. Per prima cosa cercai di alimentare la porzione di hardware necessaria ad interrogare il terminale per analizzare lo schema di avviamento. Nell'attimo in cui impiegai parte della mia energia per sollecitare la macchina, le palpebre dei miei occhi presero a tremolare visibilmente.


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    Le comunicazioni sono interrotte da un'interferenza. confermai ciò che il Wist del Capitano doveva averle già lasciato intuire. Fu la volta delle pozze umide dalla luminescenza incerta. L'area potrebbe essere contaminata, resti in dietro ancora un momento, Capitano. Quel restare in dietro non implicava una galanteria, per come l'avrebbe interpretata un essere umano in circostanze differenti. Si trattava di dover attendere i primi rilevamenti da parte del drone che precedettero ogni mia intenzione di analisi delle pozze lì intorno, suggerendomi l'entità del pericolo in corso.

    Seguii la traccia virtuale focalizzando la mia visuale sull'ottica del drone stesso per “vedere” direttamente la fenditura e l'infiltrazione. Ne analizzai rapidamente i fattori di pericolosità per il sistema vitale del mio superiore e riferii. I sensori hanno rilevato traccia di percolato radioattivo. I Livelli non risultano tossici nell'immediato. Un contatto diretto o un'esposizione prolungata potrebbero causarle danni di svariata natura, Capitano.

    Più che un'iniziativa, considerai l'opzione di ricerca per ovviare l'intoppo che avrebbe rischiato di vanificare la missione. La soluzione prioritaria era quella di fornire al Capitano i mezzi per poter proseguire la missione. Gli armadietti lì accanto divennero il punto focale della mia attenzione. Li esplorai rapidamente, frugando gli interni con meticolosa attenzione. Il rinvenimento delle sacche suscitò quella che in gergo vivente sarebbe stata definita lietezza mentre in realtà non si trattava altro che di una risposta positiva del sistema che approvava il RAD-X in funzione dell'obiettivo della ricerca stessa. Questo è utile. Sa cos'è? Passai una delle sacche al Capitano, per permetterle di valutare, poi proseguii la ricerca incappando nella curiosa composizione bi-iniettante che malgrado i miei tentativi di esame oggettivo e data la mancanza di tempo necessario ad approfondimenti, non riuscii a identificare. Mostrai anche questo ritrovamento La sostanza mi è ignota. Potremmo esaminarla in seguito. Intenzionato a metterlo da parte per portarlo via.

    Il successivo alert del drone trattenne la mia attenzione nel momento in cui i dati elaborati mi diedero l'idea dell'ambiente successivo. A circa due chilometri in questa direzione Indicai con la mano dritto davanti a noi. C'è un'ambiente con terminali computerizzati ma non riesco a individuarne la funzione. Ci sono accessi verticali alla struttura. Il percorso fino a quel punto è libero. Una volta fornito il resoconto della situazione restai semplicemente in attesa di ordini ottimizzando i tempi col recupero del piccolo kit d'emergenza posto in dotazione all'equipaggiamento dal quale estrassi un'iniettore che sarebbe potuto servire alla somministrazione del RAD-X.

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    Non si trattava della prima missione coloniale alla quale venivo assegnato, per questo nulla risultò nuovo da acquisire. Nulla che riguardasse l'imbarco, il viaggio, la manutenzione di routine a bordo della nave stessa, il check delle attrezzature a ridosso dell'entrata in atmosfera ed il conseguente, movimentato, attraversamento della stessa per consentire l'atterraggio al nostro mezzo.

    Non ero mai stato su Titano ma parte del tempo trascorso in viaggio, privo della necessità di dormire, l'avevo trascorso ad assimilare dati ed informazioni dal database, memorizzando l'orografia della luna, la planimetria di strutture registrate e tutte quante le informazioni archiviate a bordo, utili o futili che fossero, relative al posto che andavamo ad esplorare.

    Provvidi a equipaggiarmi nel tempo necessario al personale umano a ripristinare le proprie attività biologiche post-risveglio. Quando fu dato il via allo sbarco ero pronto ed operativo da almeno quindici minuti. Una volta all'esterno dell'hangar seguii le procedure da protocollo fino a quando non mi fu fornita un 383. L'analisi empirica del contesto che metteva a confronto l'evenienza di mancanza di ostilità rispetto al potenziale offensivo fornito rendeva quell'upgrade di dotazione inutile ai fini della missione ma la percentuale di probabilità che non escludeva la presenza di ostilità in rapporto alla salvaguardia della sicurezza del mio supervisore, mi imponeva di non poter fare a meno del fucile, almeno finché non avessi avuto maggiori dati.

    Assicurai i caricatori di riserva nei vani appositi della suit e imbracciai il fucile, canna in alto, sicura inserita. In un'ipotetica idealizzazione di missione rapida e priva di ostacoli, la pistola sarebbe stata più che sufficiente.

    << Tre, cinque, sette, due. >> Memorizzai il codice confermando l'avvistamento della struttura indicatami con un cenno affermativo quindi restai in attesa del mio supervisore occupando gli attimi per controllare a distanza l'area della costruzione che ci avrebbe dato accesso al Tunnel.

    Quando il mio supervisore arrivò spesi qualche attimo per osservarla misurandone letteralmente dimensioni, massa, aspetto generale, focalizzandone i tratti fisionomici. Assecondai i suoi ordini senza indugi. Seguii la traiettoria dei suoi stessi balzi cadenzati dalla fluttuante andatura cui la gravità ci imponeva e durante il tragitto ogni dettaglio circostante che fui in grado di scorgere venne assimilato e immagazzinato.

    Raggiunto il portello, dopo il via libera dell'Ufficiale, inserii il codice per l'apertura restando in formazione di copertura a ridosso dell'accesso. Una volta all'interno fu semplice diagnosticare lo stato di disattivazione dei sistemi di filtraggio e di stabilizzazione gravitazionale. L'intera struttura doveva aver subito ingenti danni.

    Senza temporeggiare mi accinsi ad azionare il primo dei due droni spia, quello di dimensioni più ridotte, direttamente collegato in remoto al mio sistema interno. Dopo la sincronizzazione avviai il drone a precederci verso il proseguimento del tunnel per esaminare l'area alla ricerca di fonti di calore o vita. Tentai di rilevare la presenza di connessioni etere all'interno della struttura ed effettuai un rapido controllo di collegamento ai sistemi di comunicazione della nostra nave, valutando lo stato di ricezione neurale del segnale, riservandolo come eventuale canale d'emergenza. Effettuai ogni controllo e tentativo lasciando il tempo all'Ufficiale in Comando di controllare l'ambiente circostante, indicando grossolanamente la fila di armadietti accessibili, per poi procedere verso il basso, seguendo il percorso obbligato dalla fisionomia del tunnel.


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    Edit: ho aggiunto le sottolineature. E' la prima missione/giocata per me quindi apprezzo ogni suggerimento.


    Edited by Nexus7 - 4/11/2018, 16:43
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    Amo Blade Runner (forse lo avevate già intuito dal nick). Preferisco i film, entrambi, ma ho avuto modo di apprezzare lo stile e soprattutto le tematiche di P.K. Dick come autore leggendo il libro da cui hanno tratto il film, traslitterato: Ma gli androidi sognano pecore elettriche?.

    Vi suggerisco la Serie TV tratta da uno dei suoi libri che è La svastica sul sole. La serie è intitolata The Man in the High Castle, i primi 2 episodi - facciamo anche 3 - mi vedevano molto scettica ma poi la trama ha preso il via e ha reso la serie "consigliabile".

    Ho visto ed apprezzato District9 e sulla scia di questo film mi sento di suggerirvi un meno impegnativo e più "sciallo" Falling Skies, serie da vedere solo se si è amanti dello sci-fi un po' soapopera che se però Spielberg ha pensato bene di produrre vuol dire che al di là della trama un po' farcita, vale la pena di essere vista per tutto il resto (effetti, sceneggiatura, caratterizzazione dei personaggi - non tutti - storyline, fotografia, ecc).

    Al momento sto leggendo Tutti i miei Robot di Asimov che è uno, se non il primo, dei miei autori preferiti. Ho apprezzato Fringe solo per le prime due serie e se siete amanti dei fumetti vi consiglio vivamente Blame (ricco di ambientazioni cupe e spennellate di china come se le pagine fossero nere piuttosto che bianche. E seppure i dialoghi siano stringati al minimo la trama è comprensibile e fila liscia. ) Di recente ne è stato prodotto anche l'anime, guardabile.
    Per gli appassionati anime il must è chiaramente Ghost in the shell e sempre tornando alla sfera fumettistica suggerisco Alita che tra un po' uscirà al cinema.
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    L'
    orario fissato per l'appuntamento alla sede della Wallace, in periferia, era stato rispettato. L'aeromobile che aveva accompagnato Blaze al Dipartimento Replicanti lo aveva fatto scendere circa quindici minuti prima dell'orario concordato per la revisione "medica". Lui ora è là, seduto su di una delle poltroncine predisposte nella saletta d'attesa, composto, marziale, con addosso la tradizionale tenuta da replicante in visita: una tutina bianca, asettica, con un'unica lampo continua dal collo al cavallo dei pantaloni. Tra le mani ha una cartellina in materiale policarbonato con all'interno dei tradizionalissimi fogli di plastica. Uno è un certificato proveniente da qualche piano più in basso dell'edificio, dal reparto di Anatomia e testimonia i lavori eseguiti per il ripristino di alcuni organi danneggiati da quella che viene descritta in un secondo documento, siglato IPCM, in cui vige un breve rapporto sugli avvenimenti che hanno obbligato Blaze al controllo attuale.

    Trattasi di danni subiti in seguito all'attacco alieno avvenuto sul satellite Plinius, in fase di colonizzazione. La truppa stanziata è stata colta di sorpresa da forme di vita ostili che hanno decimato l'unità e danneggiato irreparabilmente due androidi su quattro. Uno dei due replicanti superstiti è proprio Blaze che per tornare in servizio necessita di un visto generale, da parte della manutenzione non soltanto anatomica.

    Quando la porta sibila, aperta dalla tessera della Dottoressa Shepard, in maniera un po' meccanica Blaze volge lo sguardo in sua direzione, alzandosi in piedi con la dovuta tranquillità. Nell'aspetto si mostra come un individuo sulla trentina, alto, di buona costituzione, tornito e atletico. La revisione anatomica ha comportato un recente sbarbamento generale, anche i capelli sono stati reinstallati nella consuetudine di un taglio corto da Marina tradizionale. Gli occhi scuri ed inespressivi scandagliano la figura umana alla quale si approccia verbalmente con un placido Buongiorno.

    Blaze
    Tecnico IPCM

    [x] scheda
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    Edited by Nexus7 - 10/11/2018, 19:51
22 replies since 4/10/2018
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