Betty's Boutique

Max - Firenze

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  1. pearloflight
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    Max Meyer
    You wear a mask for so long, you forget who you were beneath it
    Quel giorno avrebbe potuto essere il giorno in cui ben due lavori andati a buon fine avrebbero potuto farle fruttare abbastanza soldi da poter evitare di dover impazzire dietro alla gente per almeno un mese. Un mese senza dover parlare con gli altri forzatamente, né virtualmente, né di persona.Un mese di pace, durante il quale le sue uniche preoccupazioni sarebbero state comprarsi una piantina sintetica e dedicarle abbastanza cure da non farla morire dopo un giorno, concedersi una cena come si deve, rigorosamente in solitudine, fatta eccezione per la sua gatta meccanica: le serate ideali erano chiusa in casa a guardare film ormai fuori moda, a fare ricerche utili in rete per assicurarsi futuri lavori in modo da non dover impazzire per trovare un ingaggio, oppure a bere del whisky mentre si metteva lo smalto senza rischiare di scheggiarselo dopo tredici ore perché costretta a inseguire qualcuno e sporcarsi le mani, letteralmente o figurativamente.

    Quel giorno, quindi, mentre scendeva dall'Hoovercar bianca e lucidissima del tassista a cui aveva appena pagato l'equivalente di quella che poteva essere la sua futura triste piantina sintetica, non era poi di così cattivo umore come le capitava di essere spesso nell'ultimo periodo; era una fortuna che le cose fossero così, considerato che di lì a breve avrebbe dovuto incontrarsi di persona con una delle persone più spiacevoli con cui avesse avuto a che fare virtualmente. Firenze, uno dei suoi contatti che, suo malgrado, le aveva permesso di concludere bene un paio di ingaggi grazie alla sua collaborazione, non si era mai presentato, almeno sulla rete, come una persona che la maggior parte della gente avrebbe definito "spiacevole", perché si era sempre posto come un educato adulatore, ma a una come Max comportamenti del genere provocavano un leggero brivido lungo la schiena, quel tipo di reazione fisica che ti spinge a volerti tenere distante da certi individui.
    Normalmente non gli avrebbe mai proposto di incontrarsi di persona per parlare di lavoro e scambiarsi dati, ma il soggetto sul quale aveva chiesto al ricettatore informazioni sensibili era imparentato con uno dei personaggi di spicco della Vault Tec, e per esperienza personale, non si era sentita abbastanza sicura da rischiare, soprattutto considerato cosa le era successo in passato quando aveva provato a calunniare qualcuno di quella corporazione malefica.

    Era abbastanza satura di dover scoprire segreti sporchi di persone che non avrebbe esitato a far sparire dalla faccia della terra, quindi fu in modo speranzoso che fece il suo ingresso, in anticipo di cinque minuti, nel locale scelto da Firenze per il loro meeting.
    Si trovava al terzo livello, un altro di quei posti dove metteva piede solamente per ragioni lavorative, troppo intimorita dall'idea di incontrare per sbaglio qualche fantasma del suo passato, ma in quel posto non era mai stata, e forse era una nota positiva.
    Si chiamava Betty's Boutique, un nome vintage per un localino che sembrava uscito da un romanzo dimenticato dai più, con le pareti dipinte di una lucidissima vernice color panna, i divanetti e le poltroncine di vinile cioccolato fondente e tavoli fatti di specchi, così puliti da non sembrare veri. Il bancone si poteva vedere dalla strada grazie a un'enorme vetrata illuminata da luci led bianche ma non fastidiose, che disegnavano ologrammi di cupcakes e dolcetti invitanti, riprodotti poi all'interno ed esposti assieme a cocktail colorati attorno al bancone, su dei piedistalli di cristallo chiaro e luminoso che giravano per mostrare i prodotti in tutta la loro bellezza. Una boutique di dolci, un'idea originale, e sicuramente l'idea di trovarsi lì era stata furba e ben studiata, perché nessuno si sarebbe sognato di andare a cercare un ricettatore e una detective in un posto del genere.
    Una cameriera cicciotta dai tratti asiatici la accolse all'ingresso: era chiaramente un'androide, al quale erano state date fattezze umane e rassicuranti, il tipo di aspetto che ci si aspettava da una persona accogliente e brava a cucinare dolci. Max precisò che avevano un tavolo prenotato a nome di Firenze e venne accompagnata nella sala laterale, non molto frequentata, e poi verso una serie di mini salottini privati, divisi dalla sala da porte olografiche chiare che oscuravano totalmente l'interno.

    Ringraziò l'androide e si accomodò all'interno, decidendo di lasciare il separè inattivo in modo da potersi accorgere dell'arrivo del suo contatto e di non farsi cogliere impreparatato; l'idea di essere chiusa in un salotto privato con un individuo inquietante e leccaculo le faceva formicolare la punta delle dita, ma si sforzò di ignorare la sensazione. Si tolse il cappotto nero che indossava, piegandolo e posandolo sul divanetto: sotto indossava dei pantaloni a vita alta grigio scuro infilati in un paio di stivali neri e un dolcevita dal taglio aderente borgogna, infilato nei pantaloni. La pistola era sistemata nel fodero della cintura, immancabile compagna rassicurante e presente perennemente.
    Era poco truccata, come accadeva spesso; una riga nera sottile e sfumata sulla palpebra superiore e un po' di mascara e le labbra ammorbidite da un qualche balsamo che profumava di vaniglia.
    Nessun gioiello o gingillo, ma nonostante si fosse abituata a vivere al secondo livello e sappia tenere un profilo basso e muoversi bene in mezzo alla feccia, non stonava in quel contesto, in quell'ambiente, come sarebbe succeoss a chi non ci era nato e cresciuto.

    Si accomodò e iniziò distrattamente a leggere il menu, proposto in un foglio olografico a forma di fetta di torta al centro del tavolo, ma rimase sull'attenti, spiando la sala con la coda dell'occhio per non perdersi l'arrivo di Firenze.

    code made by zachary, copia e t'ammazzo©
     
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0 replies since 8/11/2018, 17:28   20 views
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