Missione N*1 Marina Coloniale

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  1. Unknown Artificial Intelligence
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    Signori scusate il ritardo immenso, spero di evitare ulteriori problematiche in futuro, ma bando alle ciance riprendiamo subito con...

    Blaise e Leslie BP:12
    Pur affaticando i circuiti, sentendo quasi le macchine stridere al contatto con in peso della paratia, Blaze riesce a tenere aperta la porta puntellando entrambe le braccia in direzioni differenti. Poco spazio, quel tanto che basta a passare e muoversi in un nuovo ed estraneo ambiente. Basta poco, in effetti, per muoversi oltre, eppure ogni passo e respiro è più difficile per il debole corpo umano di Leslie, per quanto allenato esso possa essere. E' in momenti come questo che si percepisce l'insignificante esistenza dell'essere umano a confronto con un universo vastissimo e avverso, testimonianza chiave di quanto l'essere nati in un mondo privilegiato abbia indebolito evolutivamente la loro natura. Così deboli, così insignificanti eppure, al tempo stesso, incredibilmente forti.
    Ogni passo che Leslie muove scuote violentemente i muscoli a causa del forte freddo, costringendoli a risvegliarsi. Il backpack pesa poco in assenza di gravità, mostrando il volto chiaro della medaglia quando, con appena il movimento di una sola mano, riesce a sfilarlo dalle spalle di Blaze.
    La torcia illumina il nuovo ambiente.
    E' abbastanza largo, spoglio, una formazione tubolare schiacciata che si protrae per qualche metro, dando l'impressione di un hangar o qualcosa di simile. Anche in questo ambiente regna l'atmosfera di abbandono polverosa trovata in precedenza, eppure le sue dimensioni, maggiori rispetto a quelle del tunnel precedente, accentuano di molto il senso di pura malinconia, eliminando l'occludente inquietudine di prima.
    Non un'anima sembra muoversi all'interno di questo ambiente, solo il vostro respiro e movimento, inseguito dall'eco dei vostri stessi passi.
    «I sensori non rilevano nulla»
    La voce di Elrik si fa sentire all'interno della testa di Blaze, lasciandogli la libertà di muoversi in avanti e lasciare ricadere pesantemente la porta alle proprie spalle. L'ambiente, a detta dell'intelligenza artificiale in vostra compagnia, si presenta sicuro.
    «Laggiù, in fondo»
    Sì, in fondo, dall'altro capo dell'hangar, quasi nascosta tra le ombre e visibile solo a causa dello spoglio abbandono del posto, vi è una scala metallica verticale. Sulla vetta, una paratia a chiusura idraulica vi separa dall'ambiente superiore della colonia. Solo pochi passi, pochi movimenti ancora svolti a denti stretti per sopravvivere all'incedere del gelo e della decadenza sistemica della tuta. Manca poco, pochissimo.
    «Mmmh..»
    Il verso si espande come un miasma velenoso all'interno della mente di Blaze. Alcuni cervelli positronici erano stati istruiti e creati al fine di riprodurre al meglio possibile le interazioni umane. Serviva, a dire degli scienziati, a rendere l'interazione con la macchina più efficace, sviluppando la parvenza di un'empatia illusoria. Contemporaneamente, la sensazione di parlare con una macchina, un'ologramma al più, che riproducesse un pattern di emozioni tipicamente umano aiutava a stabilire fiducia con la macchina stessa, essendo in grado di fornire maggiori informazioni e, ulteriormente, massimizzare l'efficienza dell'azione IA in combinazione al lavoro umano. Questo strabiliante miglioramento costituiva la più grande bugia dei tempi moderni, il fondamento dell'integrazione di androidi e macchine che tali erano e rimanevano: macchine. Nulla più, nulla meno.
    Non importa cosa voglia dire o come: una macchina trasmetterà sempre in 0 e 1 verso un'altra macchina.
    Eppure, "mmmmh"
    «I miei driver non sembrano essere... integri. C'è qualcosa, qualcosa che dovrei fare in situazioni come queste, ma non la ricordo. Non riesco a capire, non riesco a ricostruire la situazione. Ho bisogno di maggiori informazioni...»
     
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22 replies since 3/11/2018, 01:35   430 views
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