Hunting for the replicant

Sydney & Annabelle

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    Sydney Locke
    ■ blade runner ■ I livello ■ umana ■ eterosex
    ■ single ■ 0 bitcoin ■ 3° custodia ■ caotico ■ buono
    "HEAVEN AND HELL ARE JUST RIGHT HERE. BEHIND EVERY WALL, EVERY WINDOW."
    character id [x] pensieve [x] ■ 24/07/2050, 10 am
    codice role © Akicch; - want your own? Get it!
    Agli albori del 26° secolo, quando il denaro ancora profumava e le grandi fortune, più che venire ereditate, si mettevano in scena, un androide modernista, nato dal torbido connubio tra il sogno di un grande ingegnere e l’avidità di un miliardario, precipitò dal cielo e rimase incastrato per sempre tra le falde di una realtà dicotomica e in conflitto. L’uomo e la macchina. R Clive era un vecchio modello di sintetico, che cinquant’anni prima era avveniristico quanto il motore a scoppio nel 19° secolo. Era lo sfoggio di un Mat, Harry Greyson, che lo aveva voluto perché gli facesse da cameriere e tutto fare, persino esecutore dell’omicidio di qualche concorrente fastidioso. Poi R Clive, l’avanzatissimo androide della Wallace Corp., divenne arretrato per gli standard del quarto livello e venne sostituito. Prima che potesse essere ritirato da qualche inetto ingegnere il sintetico riuscì a fuggire e cinquant’anni dopo ad essere fautore della vera morte del suo ex datore di lavoro. Una macchina con un tenace senso della vendetta, non c’è che dire. Sfortunatamente la stessa tenacia la dimostrava nel voler continuare a creare problemi nonostante fosse ormai un nonnetto fuori produzione. La caratteristica che lo rendeva tanto insopportabile era il suo senso dell’umorismo. Da quando le era stato assegnato il suo caso Syd aveva avuto la sensazione che quella testa di platino e iridio ci provasse fin troppo gusto a lasciarsi avvicinare per poi sfuggirle all’ultimo secondo. Doveva essere un androide parecchio annoiato. Dopo la morte della sua ultima custodia, il risveglio nel suo letto con quella nuova fu alquanto conturbante.
    «Buongiorno Sydney. Hai un messaggio in attesa» Hue, l’intelligenza olografica che gli rallegrava la vita. Era ancora a letto con gli occhi chiusi, ma Hue doveva aver percepito dai suoi parametri vitali che era sveglia e considerato quella come l’occasione più adatta per comunicarle la novella. Syd rispose con un grugnito vagamente simile ad un si e proprio in quell’istante l’immagine olografica di Clive in piedi accanto al letto la fece balzare in piedi con tanto di fiatone e tachicardia. «”Spero abbia avuto un buon risveglio, miss Locke”», dannato androide. Continuava a sfoggiare i modi servizievoli di un maggiordomo, nonostante i suoi trascorsi omicidi lo rendessero fin troppo inquietante per assolvere ancora a quel ruolo. «”Mi sono sempre chiesto cosa voglia dire morire. Spero che la prossima volta che lei ed io ci vedremo possa descrivermi questa esperienza.” Fine del messaggio». L’immagine olografica scomparve e Syd rimase in piedi con la pelle d’oca e i peli delle braccia rizzati come quelli di un gatto. Ancora doveva abituarsi alle risposte emotive di quel corpo. «Porca miseria, Hue! Avvertimi prima, no?», sospirò passandosi una mano sulla faccia. «L’ho fatto», rispose facendo apparire l’immagine di un uomo che il programma gli aveva attribuito come identità. Syd sospirò alzando gli occhi al cielo, «come non detto, lascia perdere. Carica il messaggio sul mio ONI».
    Quella mattina, dopo aver lasciato Hue alle sue elaborazioni sociali e alla stesura di un nuovo programma di lettura e-mail, Syd imboccò la strada principale con la sua M0 per raggiungere il palazzo del dipartimento di polizia. Lì sicuramente avrebbe trovato qualche cervellotico esperto di computer capace di risalire all’indirizzo criptato del messaggio. Parcheggiò davanti all’ingresso e risalì i piani fino al II livello con l’ascensore in dotazione. All’ingresso puntò il sintetico alla segreteria e gli mostrò il tesserino da blade runner. «Ho bisogno di un Net Ranner per la missione α01-312». L’androide rimase per un secondo immobile, stava cercando nei file di memoria il suo numero di matricola e una volta accertato anche il suddetto file. Alla fine la sue faccia inespressiva assunse un inquietante sorriso cordiale, «certamente, arriva subito. Si accomodi pure», le indicò con un cenno della mano le sedie all’ingresso. Syd guadagnò il suo posto sbuffando, infastidita dal modo in cui come al solito alla sua unità fosse precluso l’accesso libero agli altri dipartimenti.
     
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    Annabelle Laurence
    Okay, yeah, I'm insane but you the same.
    umana • net-runner • 24 anni • livello III • pro replicanti • scheda
    Quando avevo iniziato a lavorare per la polizia di Bay City l'avevo fatto con un chiaro scopo: ero certa che sarei stata in grado di portare il mio contributo al mondo, di cambiarlo - seppur in minima parte - grazie all'aiuto della polizia e di tutti coloro che avevano il compito di far rispettare la giustizia; speravo che i diritti dei replicanti sarebbero presto stati riconosciuti e rispettati, che nessuno di loro sarebbe più stato perseguitato solo per aver sviluppato una coscienza, per aver fatto delle scelte. Un'illusione che si era rivelata essere decisamente molto diversa dalla realtà che ora mi ritrovavo a vivere.
    Non appena avevo messo piede nella centrale e mi era stato dato un mio spazio in cui operare, mi erano stati sottoposti casi contro i replicanti, casi in cui era mio compito scovarli e permettere ai Blade Runner di prenderli e distruggerli. Il parere degli umani era decisamente troppo negativo, forgiato da credenze sbagliate che nonostante secoli di innovazioni finivano con il renderci antiquati, vecchi, ipocriti. Ci eravamo evoluti molto nel corso dei secoli eppure non eravamo ancora riusciti a capire cosa significasse avere rispetto per coloro che erano diversi da noi, non eravamo in grado di andare oltre gli stereotipi che noi stessi ci inculcavamo, la guerra era tutto ciò che eravamo in grado di conoscere ed apprezzare, il resto non era altro che spazzatura. I replicanti erano solo macchine, non avevano sentimenti e se li sviluppavano andavano distrutte...come si poteva considerare giusto un dominio di terrore che condannava chi era diverso? La storia non ci aveva insegnato proprio nulla.

    "Ho fatto un terribile errore..." Ad essere sincera una parte di me si era pentita di aver osato tanto e di essere andata contro tutto ciò che conoscevo, contro i miei stessi genitori addirittura, e per cosa? Per nulla. Il motivo che mi aveva spinta a tali azioni era serio - e di certo non era quello che stavo mettendo in dubbio ora - ma il sistema giuridico rendeva ogni mio sforzo, ogni mio sacrificio, un gesto inutile. Quella parte avrebbe solamente voluto tornare indietro e proseguire una vita che, rispetto a quella che ora stavo scoprendo, era sicura e mi avrebbe permesso di vivere in eterno in un modo pieno di sfarzo, spreco ed ipocrisia sociale.

    "Deve esserci di meglio" questo pensiero mi aveva dato il coraggio di osare tanto e mi aveva permesso di superare le urla di mia madre quando le avevo rivelato la mia decisione ma ora avrebbe fatto lo stesso?

    E' ora di alzarsi signorina Laurence, deve andare a lavoro. La colazione è pronta e già servita in sala da pranzo, le ho preparato la vasca e dei vestiti puliti. Ken si voltò verso la finestra e con un gesto della mano fece alzare i pannelli oscuranti che schermavano la stanza dalla luce del sole ed un mugolio contrariato fuoriuscì dalle mie labbra non appena i primi raggi di luce iniziarono ad infrangersi contro il mio viso.

    Anne, Ken. Chiamami Anne e dammi del tu ti prego. la voce ancora impastata dal sonno ed il viso nascosto sotto il cuscino dovettero portarlo ad avvicinarsi a me e, in quel momento, scostai appena il cuscino permettendo solamente ad un occhio di spuntare da sotto di esso così che potesse ritrovarsi a guardare un HAI inquietante che restava fermo poco distante dal letto e mi fissava insistentemente.

    Ok Ken...ora vado, grazie. frustrata mi tirai su, restando per alcuni secondi seduta sul letto a grattarmi la testa nel tentativo di ricordarmi anche solo come mi chiamassi. Non ero mai stata un tipo mattutino ed ogni volta il risveglio era un trauma che difficilmente riuscivo a sopportare, soprattutto ad un orario così vicino allo spuntare dell'alba.
    Scesi dal letto e mi diressi dritta verso il bagno per infilarmi una decina di minuti nella vasca, truccandomi poi velocemente e sistemando i capelli in una coda di cavallo alta che, speravo, sarebbe stata comoda e funzionale. Non si poteva avere giustizia per i replicanti, nemmeno facendo parte della polizia, ma almeno potevo cercare di dare il mio contributo e chissà, col tempo magari le cose sarebbero cambiate. Tornai nella camera da letto e su una poltrona trovai i vestiti preparati da Ken - un semplice pantalone nero ed una camicia azzurra con ai piedi dei mocassini, un abbigliamento che mi avrebbe fatta apparire più disperata di quanto in realtà non fossi - e me li infilai velocemente, sistemando subito dopo l'ONI all'interno dell'occhio così da poter controllare l'orario, rendendomi conto che, come sempre negli ultimi giorni, ero in tremendo ritardo sulla tabella di marcia.

    "Dannazione!" correndo mi fiondai verso la porta, vedendo Ken materializzarsi e pararmisi di fronte costringendomi a puntare i piedi saldamente a terra per evitare di cadere, scivolando a terra.

    Non puoi andartene senza aver consumato la tua colazione, Anne. Roteai gli occhi esasperata e filai di corsa in salone mangiando - decisamente in modo poco signorile - le uova strapazzate in due esatti bocconi e bevendo il succo d'arancia tutto d'un fiato.

    Ok, grazie, ciao! finalmente raggiunsi la porta e me ne andai, diretta verso la centrale. La prima cosa da fare una volta arrivata non potè che essere quella di mettermi alla ricerca di caffeina, il mio lavoro rendeva questo un passaggio indispensabile perchè potessi reggere la giornata senza correre a casa piangendo e supplicando mio padre di perdonarmi, cosa che ovviamente al momento era da evitare; perciò mi diressi verso lo stanzino in cui era posta la macchina del caffè e mi riempii una grossa tazza con tutto il liquido che riusciva ad entrare al suo interno prima di tornare alla mia scrivania. Feci appena in tempo a prenderne un sorso che un ologramma si materializzò davanti ai miei occhi attraverso l'ONI, facendomi sobbalzare e sporcare parte della camicia con il caffè.

    Cazzo...No! Mi scusi! Annabelle Laurence a rapporto, come posso aiutarla? l'androide al di là della schermata olografica mi informò dell'arrivo di un Blade Runner che necessitava del mio aiuto e, annuendo, buttai giù gran parte del contenuto della tazza e mi alzai, lasciandola sulla scrivania.

    Arrivo subito. presi dei fazzolettini da uno dei cassetti e, durante il tragitto, cercai di sistemare il pasticcio combinato meglio che potessi. Arrivata davanti all'androide apparso olograficamente poco prima, notai una donna lievemente più alta di me, con la pelle color ebano ed i capelli scuri, un tipino particolare a prima vista ma non avevo ancora abbastanza informazioni per farmi un'idea concreta su di lei.

    Piacere di conoscerla, sono Annabelle Laurence, la Net-Runner che ha richiesto. Come posso aiutarla esattamente? subito dopo il messaggio olografico nell'ONI erano apparsi dei documenti riguardanti il caso sottoposto, un deviante catalogato come R Clive.

    just like we are the gods | copyright by ;winchester


    Edited by ~Clementine - 21/8/2018, 21:25
     
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    Sydney Locke
    ■ blade runner ■ I livello ■ umana ■ eterosex
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    character id [x] pensieve [x] ■ 24/07/2050, 10 am
    codice role © Akicch; - want your own? Get it!
    Osservare l’ingresso del dipartimento di polizia era un po’ come assistere ad una sfilata in cui gli individui più pittoreschi di Bay City entravano e uscivano con facce molto poco allegre. Non era complicato intuire il perché non fossero felici di fare un giro turistico in centrale, magari anche strattonati da un paio di agenti. Nemmeno la ragione per cui erano lì era troppo difficile da dedurre. Individui con custodie grosse come armadi probabilmente per risse da bar, mingherlini pieni di tatuaggi quasi sicuramente per droga e pallidi fighetti con le occhiaie per un fallito tentativo di hackeraggio di qualche megacompagnia. Una folcloristica sequela dei più scontati stereotipi della città, eppure alcuni di loro quando uscivano avevano qualcuno che li aspettava, qualcuno che quasi certamente aveva pagato loro la cauzione. Una donna aveva mollato uno schiaffo a quello che probabilmente era suo figlio e poi l’aveva abbracciato come solo una madre sapeva fare. Tutto molto toccante. Peccato avesse una certa fretta di ritirare uno specifico pezzo di plastica che le stava sinceramente dando sui nervi. Le era costata una custodia e anche un mucchio di problemi di riadattamento nella nuova pelle. Proprio nell’istante in cui aveva lanciato un’occhiata all’orologio da polso le si presentò davanti una ragazza. Sembrava giovane. Si chiese se avesse l’età che dimostrava, o se come lei aveva il corpo di una sedicente ventenne solo per puro caso. Il dispositivo di riconoscimento della polizia le permise di ricevere le informazioni su nome, cognome e data di nascita. Sorprendentemente era la sua prima pelle. Abbassò lo sguardo per identificare indizi che potessero darle più informazioni su di lei. Aveva una macchia ancora bagnata color caffè sulla camicetta azzurra, probabilmente era appena arrivata a lavoro, qualcosa l’aveva colta di sorpresa, forse svoltando l’angolo si era imbattuta in uno scontro inaspettato. Era goffa? Non lo si poteva dedurre, in ogni caso era irrilevante. Lo sguardo per un istante si fece assente, probabilmente stava dando un’occhiata ai file del caro Clive. «Syd Locke» esordì facendo scivolare le mani via dalle tasche della giacca di pelle. «Blade runner. Ho ricevuto stamattina un messaggio olografico da un replicante a cui sto dando la caccia, R. Clive. Numero di serie F873, un vecchio modello, scartato, ma mai ritirato. Ha sviluppato segni di devianza. Ho ragione di credere che lavori con la resistenza replicante. Vorrei sapere se è possibile risalire all’indirizzo da cui è stato mandato il messaggio», tramite il collegamento dell’ONI inviai all’agente il messaggio che Hue aveva caricato nella sua banca dati. In questo modo l’agente avrebbe potuto vederlo e ricavarne tutte le informazioni necessarie. «Non so se si tratta della sua base, ma vorrei riuscire a beccare quel figlio di puttana, ho un conto in sospeso con lui»f aggiunse senza cercare di moderare il linguaggio colorito. «Crede di poterlo fare?».
     
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